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La Sindrome di Münchausen per procura. La trappola dell'amore materno



La Sindrome di Münchausen, prende il nome dal barone di Münchausen, un personaggio letterario che intratteneva i suoi ospiti con racconti e storie inventate o inverosimili.


La sindrome fu descritta per la prima volta nel 1951 da Asher. Si tratta di una condizione psichiatrica per cui le persone colpite fingono una malattia che in realtà non esiste, allo scopo di attirare l’attenzione ed è caratterizzata da continue richieste di cure mediche (Raspe e Burger 2003). La finzione è portata talmente avanti che i soggetti affetti dal disturbo si sottopongono a ripetuti accertamenti medici e addirittura a interventi chirurgici che possono provocare conseguenze anche piuttosto serie.


il continuo ricorso a esami medici può far pensare all’ipocondria. Tuttavia gli ipocondriaci credono realmente di essere malati, mentre una persona con la sindrome di Münchausen agisce per ottenere attenzione e per questo simula i sintomi di una malattia.

La sindrome di Münchausen è una sindrome a sfondo delirante, che colpisce gli adulti tra i venti e i sessant’anni e interessa in misura maggiore le donne.


La Sindrome di Münchausen per procura

Mentre la sindrome di Münchausen è caratterizzata dall’invenzione di sintomi clinici e dalla ricerca cronica di cure mediche, nella sindrome di Münchausen per procura (o Sindrome di Polle) un genitore o un'altra persona che si prende cura del bambino, simula o provoca una malattia al bambino allo scopo di attirare l'attenzione su di sé.

Caratteristiche della Sindrome di Münchausen per procura

Nel 1977 il pediatra Roy Meadow adopera per la prima volta il termine sindrome di Münchausen per procura per descrivere la situazione in cui uno o entrambi i genitori inventano sintomi e segni fittizi nei propri figli o addirittura provocano loro stessi sintomi e disturbi per poi sottoporli ad una serie di esami e interventi che portano ad una guarigione in fase di ospedalizzazione con un peggioramento dei disturbi contestualmente al ritorno in famiglia.

La malattia può essere simulata, ad esempio riferendo al medico sintomi inesistenti, oppure prodotta dalla madre che causa realmente una malattia nel bambino. Le due situazioni possono anche coesistere. Se una madre ha inizialmente soltanto simulato una patologia, in un secondo momento può anche produrla. Inoltre vi può essere la deliberata omissione di cure per un bambino realmente malato, allo scopo di peggiorare la sua condizione.

Una delle caratteristiche tipiche della sindrome riguarda la figura della madre abusante, la quale si presenta sempre molto affettuosa e attenta verso il figlio, molto partecipe e collaborativa con tutto lo staff medico. Una sorta di “madre modello” sempre vicina al bambino, che non lascia mai solo durante i ricoveri. Nel rapporto col figlio, nonostante l’apparente legame molto stretto, colpisce l’assenza di partecipazione emotiva rispetto alla sofferenza del bambino per le numerose procedure mediche a cui è sottoposto.

I medici spesso restano stupiti di fronte all’atteggiamento della madre, non solo di accettazione, ma quasi di compiacimento alla prospettiva di un nuovo intervento sul bambino. A ciò si associa la tendenza a consultare un numero elevato di specialisti, a cambiare spesso medico e a passare da un ospedale all’altro.

Tutto ciò può durare a lungo, talvolta anche anni. Inoltre per la metà della casistica riportata, la madre stessa ha avuto una diagnosi di Sindrome di Münchausen adulta.

Le vittime della sindrome

I problemi si presentano più comunemente in bambini molto piccoli, ma possono verificarsi in qualsiasi momento dell’infanzia, compreso il periodo perinatale, ed estendersi fino all’adolescenza.

Soprattutto se la sindrome coinvolge gli adolescenti, non è raro che questi ultimi sviluppino sintomi di conversione fino a comportamenti di vera e propria collusione con le madri in una sorta di folie à deux, sviluppando anche loro una Sindrome di Münchausen.


Sindrome di Münchausen per procura: casi


Roy Meadow pubblica una ricerca su due casi specifici. Il primo racconta la storia di una madre ritenuta responsabile di introdurre sangue nelle urine della figlia di pochi anni, in quantità tale da alterare in maniera inspiegabile i valori degli esami clinici, inducendo così i medici a sottoporre la bambina a numerosi trattamenti sanitari. Il secondo caso, invece, riguarda una madre che somministra al figlio dosi tossiche di sale da cucina, costringendolo così a ripetuti ricoveri ospedalieri e ad accertamenti di ogni genere (Meadow, Roy, 2002).


Caratteristiche psicologiche della madre abusante

In realtà l’intenzione delle madri non è di nuocere ai figli, ma è l’espressione di un estremo bisogno di ricerca costante di attenzione. Inoltre vi è il desiderio di essere riconosciute come delle madri perfette nella cura dei propri figli. La malattia serve quindi a queste donne dall’Io fragile e con un’autostima instabile, a crearsi un personaggio o a ottenere attenzione. A volte il termine di questo percorso drammatico, è costituito dalla morte del bambino.


Raramente si tratta di donne con una vera e propria malattia mentale, ma piuttosto di soggetti con disturbo di personalità istrionica, borderline o narcisistica (Guidetti, 2005) che combattono la sensazione interna di vuoto, assumendo il ruolo di madre devota e pronta al sacrificio di sé, ́ per i figli colpiti da malattie rare o difficili da individuare.


La Sindrome di Münchausen per procura è spesso difficile da riconoscere per mancanza di una generale consapevolezza ed esperienza professionale.





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