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L'Effetto paradossale "dell'orso bianco"

Aggiornamento: 15 nov 2021



Perché quando ci sforziamo di non pensare ad una cosa finiamo inevitabilmente per pensarla?

E’ il cosiddetto “fenomeno dell’orso bianco”. Il termine è tratto da un racconto di Dostoevskij, nel quale lo scrittore descrive l’episodio in cui sfidò il fratello a non pensare ad un orso bianco. Il fratello non riuscì a distrarsi, al contrario il pensiero dell’orso bianco divenne per lui ossessivo.


Il tentativo di sopprimere un pensiero sgradevole determina effetti opposti, ed il pensiero che si cerca di tenere lontano, ironicamente ritorna alla mente con forza maggiore.


Questo accade ad esempio quando si cerca di non pensare a un evento stressante, quando si evitano pensieri di fumare mentre si cerca di smettere oppure quando ci si sforza di allontanare dalla mente pensieri persistenti di un amore perduto.


In queste occasioni può capitare di sentirci dire: “non pensarci”.

Le ricerche sull’effetto orso bianco, mostrano che questo non è il consiglio giusto da dare. Cercare di sopprimere i pensieri può essere controproducente ed avere effetti paradossali.

Nell'ambito delle ricerche psicologiche sull'"effetto orso bianco", Wegner osservò che quando proviamo a non pensare a qualcosa, una parte della nostra mente tiene lontano il pensiero indesiderato, mentre un’altra parte è impegnata continuamente a verificare che il pensiero non venga fuori, causando un “rimbalzo” e conducendoci quindi a pensarci ancora di più. Nei decenni successivi Wegner sviluppò e ampliò la sua teoria sull’effetto orso bianco, che definì "effetto dei processi ironici”.

Come diminuire i pensieri indesiderati?


Se cercare di sopprimere un pensiero determina un effetto opposto, quali sono le strategie che si possono mettere in atto per ridurre la frequenza con cui si presenta un pensiero sgradevole?


Sono stati suggeriti diversi metodi:

Focalizzare la propria attenzione su un pensiero distraente.

Avere un pensiero distraente aiuta a sopprimere un pensiero indesiderato spostando l’attenzione da un’altra parte.


Posticipare il pensiero. Scegliere un momento nel quale potersi “preoccupare”, aiuta ad evitare di rimuginare per il resto della giornata.


Riduzione del multitasking. Ridurre il carico mentale, diminuisce l’emergere di pensieri sgradevoli.


Accettare i pensieri indesiderati. Esporsi in maniera consapevole al pensiero che si vuole sopprimere e accettare che faccia parte dei propri pensieri, rende meno probabile la sua comparsa.


Meditazione. La meditazione migliora il controllo mentale e aiuta a evitare in modo più efficace i pensieri indesiderati permettendo di distanziarsi da essi.

Quando i pensieri soppressi si trasformano in ossessioni


Il tentativo di soppressione del pensiero come strategia di autocontrollo ha conseguenze paradossali, e in casi estremi, può produrre effetti amplificati e portare all’emergere di pensieri ossessivi. Questo può verificarsi quando i pensieri soppressi ritornano alla coscienza in seguito ad uno stimolo o innesco che li riattiva. Ciò può determinare un livello eccessivo di ruminazione e un'insolita preoccupazione per il pensiero precedentemente represso, producendo un nuovo tentativo di soppressione e riavviare il ciclo, dando origine a vere e proprie ossessioni.

Gli effetti ironici possono essere implicati in alcune forme psicopatologiche, in particolare possono contribuire in modo notevole allo sviluppo e esacerbazione degli stati d’ansia e dei disturbi ad essi connessi.


Soppressione del pensiero e stati d'ansia

I ricercatori clinici hanno osservato che gli individui che soffrono di ansia generalizzata, disturbi di panico e fobie, sono altamente motivati ad evitare questi stati. Ciò può portare a frequenti tentativi di controllo intenzionale dell'ansia, e questo può determinare il continuo aggravamento degli stati d’ansia attraverso il monitoraggio ironico.

Inoltre il lavoro di Pennebaker (1985), ha mostrato in diverse ricerche sul campo, che la soppressione o l'inibizione delle reazioni emotive e cognitive agli eventi traumatici può produrre un intensificarsi dello stato d’animo che si cerca di sopprimere.

Silver, Boon e Stones (1983) suggeriscono che la soppressione può bloccare una tendenza naturale a trovare un significato negli eventi traumatici e che ciò può ostacolare processi di coping efficaci.


Dipendenze


Riguardo alle dipendenze, uno studio relativamente recente (Erskine J.A, Georgiou G.J, Kvavilashvili L., 2010) ha dimostrato come tentare di sopprimere i pensieri sul fumo porta dapprima a una riduzione del fumo, per poi assistere a un grave effetto di rimbalzo che induce a fumare molto di più. Lo stesso discorso trova applicazione nella dipendenza da cibo.

Nel caso dell'astinenza dal cibo, ad esempio, Polivy e Herman (1985) hanno osservato che la dieta generalmente provoca un successivo eccesso di cibo.




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